IL FIUME SILE

IL FIUME SILE

Non è facile sintetizzare nello spazio di una cartina tutta la ricchezza naturalistica e architettonica dell’area attravesata dal fiume nel viaggio dalle sorgenti alla laguna; abbiamo dunque scelto di mettere in evidenza, accanto agli elementi più comuni e tipici, anche alcuni protagonisti fuori dal comune. È il caso del falco pescatore, che a volte in primavera fa tappa qui mentre migra verso nord; del bengalino, un uccello tropicale presente con una numerosa colonia, che si ritiene originata da qualche esemplare fuggito di gabbia; di pesci altrove ormai rari, come il temolo, la trota fario oppure il ghiozzetto punteggiato, un minuscolo pesce trovato, oltre che qui, solo in pochi altri corsi d’acqua del Veneto. Quanto ai monumenti, accanto alle ville padronali a specchio nella corrente, meritano di essere ricordati anche i vecchi mulini, testimoni di un’antica vitalità economica.


Lunghezza: km 84 circa

Larghezza: m 40, media a valle di TV

Bacino idrografico: km 2 628

Portata in m3 (Casier): min. 33/ max. 76

Temperatura acqua: min. 6/ max. 16-17

Quota di livello tra sorgenti e foci: m 27

Foci: nell’Adriatico con l’alveo principale (Piave Vecchia); nella laguna di Venezia con i canali

Sioncello e Silone

Affluenti di destra: Fuin, Serva, Dosson e Bigorzo

Affluenti di sinistra: Cerca, Botteniga, Limbraga, Storga, Melma, Nerbon, Musestre, Vallio e Meolo.

La vita della città di Treviso è stata caratterizzata dalla presenza dell’acqua; qui il fiume più che in ogni altro luogo ha rappresentato per la città l’elemento unificatore e la chiave di lettura delle vicende storiche, economiche, artistiche e tecnologiche della città. L’acqua è la vera interprete della vita quotidiana: risorsa idrica ed economica, fonte di sussistenza e di reddito, indispensabile per i lavori di tutti i giorni, elemento di difesa, via di comunicazione. Nello stesso tempo il colore, il rumore, la temperatura, la velocità della sua corrente, hanno caratterizzato il mondo esterno che gli girava attorno.

I primi insediamenti si sono attestati in quest’area fin dai tempi più remoti e proprio per questi motivi: il clima mite, la navigabilità delle acque, la vicinanza al mare, la ricchezza delle risorgive e la folta vegetazione. Il Museo Civico di Treviso di S. Caterina presenta numerose testimonianze attraverso reperti dell’età della pietra, della civiltà del bronzo e di quella del ferro.

L’acqua sgorga da sotto terra in un’area detta “delle risorgive”.

DAL PIAVE AL MONTE TOMATICO SUL GRAPPA

Il Monte Tomatico si trova a nord-ovest di Treviso. Per raggiungere il Monte Tomatico, cima appartenente al Massiccio del Grappa, ci sono più possibilità; le strade più utilizzate, sono la n.841, detta “la Via degli Eroi” e la n.844. La n.850 invece è molto meno frequentata in quanto molto più ripida e faticosa. Inizia a Carpen nella frazione di Quero Vas. Lo scenario è spettacolare, formato da valloni, cenge erbose, vecchie casere, pascoli e terrazzamenti. Una volta arrivati in cima si potrà ammirare uno dei panorami più belli di tutte le Prealpi.

Dati tecnici:
Lunghezza tragitto di sola andata: 6 km e mezzo ca.
Altitudine punto di partenza: m 460
Tempi di sola andata: 4 ore
Adatto per: ESCURSIONISTI

Punto di partenza:
Partendo da Quero si imbocca la Feltrina (SR 348) verso Feltre, fino ad arrivare a Carpen da dove inizia il percorso:

Il percorso:
A fianco della fontana di Carpen, si segue il cartello che indica il percorso n.850. Questo conduce alla chiesetta di S. Martino e, lungo il percorso, si possono ammirare i caratteristici terrazzamenti. Proseguendo sulla Strada Tedesca, si arriva al Borgo di Croci (540 m slm) le cui case sono distribuite scenograficamente su di un’ampia vallata. Proseguendo, si attraversa un suggestivo bosco di faggi, carpini e roveri fino ad arrivare al Pian della Signora (dopo aver superato Covol della Portadella) e, deviando verso nord, gli alpeggi di Pradalon che porta fino al sentiero n.844 che attraversa le malghe e, infine, ci si immette sul sentiero n.841 proveniente da Porcen da dove si vede la croce in vetta al Monte Tomatico (m. 1 595) che è l’obiettivo del percorso.

Curiosità:
Il Monte Tomatico è purtroppo legato soprattutto agli eventi bellici della Grande Guerra. Dopo Caporetto, le truppe Austro-Ungariche avanzarono fino al Grappa e l’esercito italiano, per difendersi, si spostò sui Monti Roncone, Sassumà, Monte Santo e Tomatico. Su quest’ultimo, nel 1917, fu combattuta una battaglia dove vinsero gli austriaci che occuparono il monte e arrivarono a Croci, dove posizionarono un centro militare composto da truppe bosniache di religione islamica, che portavano il “fez”, un particolare copricapo. Gli abitanti li chiamarono “Bosnack”.

SEGUSINO E I SUOI BORGHI: STRAMARE E MILIES

Segusino si trova a nord-est di Treviso. Tra le varie ipotesi etimologiche, si indica Segusino come luogo “securus” cioè luogo sicuro e protetto. La sua esistenza è citata già in un documento del 983, ma recenti studi hanno scoperto un sito archeologico che testimonierebbe la presenza dell’uomo in tempi antichissimi risalenti all’uomo di Neanderthal (80-35mila anni fa). Segusino si trova proprio al confine con Belluno. Un paese così piccolo e dallo spirito antico che però ha sviluppato un forte senso imprenditoriale tanto da essere leader nella produzione degli occhiali. I suoi abitanti hanno saputo reagire alle avversità e alle vicissitudini della Guerra: chi ha deciso di emigrare e ha fatto fortuna, chi è rimasto valorizzando i propri prodotti quali i formaggi di malga e le capacità artigianali come la realizzazione degli occhiali. A questo si unisce l’attrazione turistica con i numerosi sentieri naturalistici che portano a scoprire affascinanti piccoli borghi come Stramare e Miliés, punto di partenza per escursioni verso il Monte Zogo e il Monte Cesen.


Dati tecnici:
Lunghezza tragitto: 11 km e mezzo ca.
Altitudine punto di partenza: m 219
Tempo: 4 ore
Adatto per: ESCURSIONISTI

Punto di partenza:
Si arriva a Segusino da Valdobbiadene prendendo la provinciale che conduce a Vas e Belluno. Nel centro del paese, si trova Piazza Roma, dove si affaccia anche la sede municipale.

Il percorso:
Il percorso è un anello che percorre storici sentieri alla scoperta dei borghi di Segusino.
Partendo da Piazza Roma, si imbocca via Villa incontrando, lungo il tragitto, il Monumento all’Emigrante, che ricorda il periodo in cui molti, dopo al Guerra, sono stati costretti ad emigrare. Il percorso è piacevole perché caratterizzato da vecchie residenze costruite in pietra locale, con i tipici porticati che si affacciano sui cortili.
Si arriva quindi ad un capitello; da qui, tramite una breve deviazione, si arriva alla Valle dei Mulini, tra Riva Secca e Riva Grassa. In via Cal de Pont, all’altezza del ponticello, si devia verso il bosco dove parte un percorso attraversa alternativamente la riva destra e sinistra del fiume fino a giungere a Stramare, dove si trova la Chiesa di San Valentino sulla cui piazzetta c’è una fontana ricavata da un unico pezzo di pietra proveniente dalla Val di Non. Attualmente San Valentino è universalmente conosciuto come il protettore degli innamorati, ma un tempo ci si rivolgeva a lui per la liberazione dall’epilessia.
Usciti dal paese, si percorre il sentiero n. 1.001, piuttosto largo e porta sull’antica Strada de la Mont con lo storico capitello omonimo e al borgo di Miliés con la sua chiesetta intitolata a Maria Ausiliatrice, a cui gli Alpini sono particolarmente legati. Si percorre quindi una strada di campagna immersa in una vallata che conduce ai pendii delle Miliane fino a raggiungere l’omonima casera. Si arriva al sentiero n. 1.002 che scende a Riva Grassa passando per la località ”le Tombe “ caratterizzata da vecchie dimore e uno splendido fienile, più a valle si trova la chiesetta di San Barnaba (vd le curiosità). Da qui si segue in discesa la strada per Stramare affiancando la parrocchiale di S. Lucia risalente al 1259 ma purtroppo gravemente danneggiata durante la Prima Guerra Mondiale. Da qui si chiude l’anello rientrando a Segusino. Un’escursione merita anche l’antichissima Chiesa dei Santi Gervasio e Protasio, antica sede di un eremo, celebrata annualmente con la Festa del Romit, cioè dell’Eremita.

Curiosità:
Il territorio di Segusino è ricco di chiesette e oratori. Lungo l’itinerario proposto, vicino alla località “Riva Grassa”, si trova l’oratorio di San Barnaba, viene ricordato anche come la Ceséta del Diaolét per la presenza di un dipinto sull’altare che raffigura un piccolo diavoletto seduto ai piedi di San Barnaba. La tradizione vuole che tale immagine fosse aggiunta per volontà del parroco come monito ai muratori poco fedeli e rispettosi che stavano edificando la chiesa: fece dipingere un diavolo seduto all’esterno del cantiere mentre ghignazza perché la malta non fa presa e i legni si crepano, così pure i chiodi che escono dalla sede dove sono stati conficcati. Relativamente a queste curiose figure, la tradizione popolare di Segusino, come di altre località nei boschi, parla del Mazharol, un folletto con mani e piedi caprini, in abito rosso e cappello appuntito, proprio come un diavoletto, che si nascondeva fra gli alberi, per impaurire i viandanti e farli deviare dal retto cammino.

IL MONTE CESEN

Il Monte Cesen è una montagna sacra per i valdobbiadenesi. A nord sono presenti dorsali, valli e cime erbose, a sudovest invece appare come un anfiteatro naturale dove i larici scendono in linee parallele su quelle che chiamano le Prese. Il percorso interesserà proprio questo versante.

Dati tecnici:
Lunghezza tragitto: 8 km
Dislivello: m 478
Tempo: 3 ore e mezza ca.
Adatto per: ESCURSIONISTI


Punto di partenza:
Da Valdobbiadene si sale sulla strada provinciale n.143 che giunge a Pianezze.

Il percorso:
Dal piazzale di Pianezze si percorre la strada asfaltata che conduce a Mariech e la si abbandona al primo tornante. Si continua per una strada sterrata seguendo il Sentiero dell’Acquedotto n.1 009 che passa per Borgo Borri e si inserisce su una parte della storica Cal dei Sas che, dalla zona degli alti pascoli, serviva a portare a fondovalle fieno e fogliame con una slitta in legno chiamata “mussa”, per questo il sentiero oggi è noto anche come Strada delle Musse.
Dopo un passaggio in discesa si arriva in località Balcon dove si scorge un bellissimo panorama sul Monte Grappa, sui Colli Asolani e sulla pianura.
Il seguito si percorre il sentiero n.1 012 che sale sulle praterie del Lavel per poi deviare a destra al di sotto del boschetto del Monte Orsere.
Poi si segue il sentiero n.1 008 che scende verso la Croce di Monte Barbaria, quindi si giunge a Casera Frascada Alta e si scende sul Sentiero delle 72 Storte che porta a Pianezze e chiude il giro.

Curiosità:
I ruderi di traliccio in acciaio che si intravedono durante il percorso un tempo costituivano una rete di impianti sciistici. A quei tempi la neve era abbondante e questi impianti richiamavano molti turisti che potevano sciare e contemporaneamente vedere il mare all’orizzonte.
Il riscaldamento globale, però, ha comportato la cessazione di questi impianti a partire dagli anni Ottanta.

IL MONTE PIZZOC

Il Monte Pizzoc sovrasta con la sua imponenza Vittorio Veneto, Fregona, Osigo e Montaner. Da qui si può vedere uno dei panorami più belli di tutte le Prealpi.

Dati tecnici:
Lunghezza tragitto: 11 km ca.
Dislivello: m 1 067
Tempo: 5 ore
Adatto per: ESCURSIONISTI


Punto di partenza:
Da Fregona si prosegue per borgo Piai e successivamente per Sonego, dove si segue per via Cal de Casal che porta alla Briglia, partenza dell’escursione.

Il percorso:
Dalla Briglia si cammina sulla Strada del Santo per poi deviare sul sentiero n. 981A “Terra Nera”. Si attraversano passaggi nel bosco per poi confluire in Val Armada nuovamente sulla Strada del Santo nei pressi di Cadolten dove sorge il capitello di San Floriano. Dopo 200 m si devia a sinistra sul Sentiero W.B. Berry e, superato un passaggio nel bosco, si esce in una radura dove sorgono i ruderi di una vecchia casera ai piedi del Monte Croce.
In seguito si percorre un pendio coperto da massi sparsi che rendono il paesaggio suggestivo. Si tratta del “carsismo a blocchi”, che nasce dalla dissoluzione chimica delle rocce ad opera dell’acqua che, scorrendo sopra di esse, erode il calcare separando gli strati rocciosi in blocchi minori.
Successivamente si entra in una conca ricca di doline e muri a secco di confine, il Pian de Gesia, quindi si prosegue sulla strada diretta a Cima Pizzoc (m 1 565), che offre un panorama sul Cansiglio, sul Col Visenti, sulla pianura e sul sottostante rifugio Città di Vittorio Veneto.
Poi si scende in direzione dei prati dell’Agnellezza mentre di fronte si possono ammirare i Laghi di Revine Lago e successivamente si incontra la piccola grotta della Madonna dell’Agnellezza.
Infine si scende fino al capitello di Sant’Antonio da Buso, per poi chiudere l’anello di nuovo alla Briglia.

Curiosità:
William Bernard Berry fu un tenente dell’aviazione americana USAAF in forza alla missione alleata Scorpion a supporto della Brigata Partigiana Cairoli sul monte Pizzoc nel 1944-1945, e l’antica Strada del Santo è detta “remiera” perché veniva utilizzata dalla Serenissima per trasferire a valle il legname utilizzato per la costruzione dei remi della sua flotta.

REFRONTOLO E IL MOLINETTO DELLA CRODA

Refrontolo si trova a nord-est di Treviso. Le colline di Refrontolo sono tra le colline più belle del comprensorio di Conegliano e Valdobbiadene Patrimonio dell’Umanità, terra famosa per la produzione del Refrontolo Passito DOCG derivante dal Marzemino, citato anche nel secondo atto del Don Giovanni di Mozart e per questo denominato “il Vino di Mozart”. Questa non è una casuale coincidenza, ma deriva dal fatto che il librettista di Mozart fu Lorenzo da Ponte che nacque proprio in queste terre.

Dati tecnici:
Lunghezza tragitto: 6 km e mezzo ca.
Altitudine punto di partenza: m 215
Tempo: 2 ore e un quarto
Adatto per: ESCURSIONISTI

Punto di partenza:
L’itinerario parte dal Molinetto, dove c’è un ampio parcheggio. Questo si raggiunge dall’incrocio del Comune di Refrontolo prendendo, in discesa, via Costa, quindi, al bivio, si prende via Molinetto che supera il capitello di San Gottardo per arrivare al Molinetto della Croda.

Il percorso:
Il percorso è un anello che parte e si conclude nello stesso punto. Dal Molinetto si prende il segnavia n. 1.050 via S. Zuanet, fino ad arrivare a Piote, dove parte il sentiero n.1.050B. Si attraversa un ponticello sul torrente Lierza che conduce ad un terreno coltivato a prato; si segue una ripida strada che attraversa una foresta fino a raggiungere il crinale del colle dove si può vedere un panorama veramente incantevole. Si arriva al bivacco Marsini, detto Casinet de Och. Procedendo, si imbocca un largo sentiero che conduce all’ex agriturismo Mondaresca che portava il nome del monte su cui era ubicato. Da qui si procede seguendo l’indicazione “Croda del Mus – Pecolon”.
Dopo qualche passaggio nel bosco si incontra un uliveto, quindi una strada in cemento che scende tra i vigneti fino ad arrivare in località Vallotai, che collega alla strada che ci riporta al Molinetto della Croda.

Curiosità:
All’interno delle colline circostanti si trovano alcuni filoni di carbone fossile risalenti a milioni di anni fa. Grazie a questo tra ‘800 e ‘900 si sviluppò un’attività di estrazione di carbone e veniva impiegato come combustibile per l’industria militare.
Se si desidera tornare indietro nel tempo per immergersi in uno scenario fiabesco, è proprio necessario arrivare al Molinetto della Croda, una costruzione appoggiata alla roccia edificata nel 1630 per sfruttare il dislivello di 12 metri dell’acqua per produrre l’energia necessaria a macinare il grano. L’attività fu operativa per secoli, fino al 1953.

IL BORGO DI CISON DI VALMARINO E I SUOI SENTIERI

Cison di Valmarino si trova a nord-est di Treviso. La vallata di Cison è particolarmente scenografica ed è attraversata da molti sentieri che collegano boschi e montagne di Cison di Valmarino, luoghi delle Prealpi Trevigiane tra i più frequentati ed apprezzati.

Dati tecnici:
Lunghezza tragitto: 7, 35 km
Altitudine punto di partenza: m 261
Tempo: quasi 4 ore
Adatto per: ESCURSIONISTI




Punto di partenza:
Dalla piazza di Cison di Valmarino, dove si affaccia la chiesa parrocchiale, si prosegue sulla strada che conduce al Bosco delle Penne Mozze e, da lì, si prosegue fino a giungere in Piazzale Peroz

Il percorso:
L’itinerario parte e termina a Piazzale Peroz, che si trova alla fine della Valle di San Daniele. Da qui si segue il sentiero del Pissol che prende il nome dalla cascata che si incontra lungo il percorso.
Proseguendo si arriva ad un bivio: si prende il sentiero dell’Arco che conduce al foro nella roccia da cui deriva il nome.
Si continua fino ad incrociare il Giro delle Creste e quindi fino a Forcella Foran dove c’è un punto di sosta attrezzato per sedersi. Salendo, salendo, si arriva a Cima Vallon Scuro, il punto più alto del percorso da cui si ammira un panorama incantevole sulla Valbelluna e su tutta la pianura.
È il momento di scendere e proponiamo di fare un tragitto differente: prendendo verso est si arriva al Sentiero dell’Asta e fino al Bivacco dei Loff. Da qui si prosegue per la Forcella Bomboi e si scende verso la Scaletta che riporta al Bosco delle Penne Mozze fino a Piazzale Peroz.

Curiosità:
Il Bosco delle Penne Mozze, da cui parte la nostra passeggiata, con le sue 2.400 iscrizioni in ferro battuto recanti i nomi di altrettanti Alpini morti durante la Guerra Mondiale, è un luogo della memoria inaugurato nel 1972. Ogni sera, dal 1998, la campana votiva rintocca per riportare alla mente il ricordo.

IL MONTE GRAPPA

Il massiccio del Monte Grappa, esteso per una trentina di chilometri tra la valle del Brenta ed il Feltrino, è costituito da altopiani, boschi, profondi valloni e pareti rocciose verticali. Ma ci sono anche vie attrezzate, come la ferrata Sas Brusai, che unisce l’alta valle di San Liberale con la cima del Monte Boccaor.

Dati tecnici:
Lunghezza tragitto: 9 km ca.
Dislivello: m 857
Tempo: 5 ore
Adatto per: ESCURSIONISTI ESPERTI CON ATTREZZATURA



Punto di partenza:
Da Fietta di Piave del Grappa si raggiunge il piazzale di San Liberale.

Il percorso:
Dal piazzale di San Liberale (m 600) si prosegue a piedi per i sentieri 151, 153 e 155. Ad un bivio si prosegue a destra come indicato dal cartello n.153 “Innesto via ferrata Sass Brusai” fino ad arrivare a una deviazione facoltativa per il Bus de Refos, anfratto naturale di origine carsica. Si continua a salire e a quota di circa m 1 150 si giunge all’attacco della via ferrata con un primo salto verticale.
In seguito il percorso si snoda tra creste e paretine fino a un secondo passaggio esposto dove sarà necessaria la forza delle braccia.
Mentre si osserva il panorama sulla Valle di San Liberale e sui contrafforti di Cima Grappa, si giunge al punto più spettacolare e vertiginoso della ferrata, la passerella sospesa che anticipa un altro punto impegnativo dove tra due pinnacoli è necessaria la spaccata alpinistica.
Poi si passa a una placca verticale che conduce alla cima del Monte Boccaor (m 1 532) e da qui si segue il sentiero di destra che affianca vecchie trincee per arrivare all’innesto del Sentiero delle Meatte n.152 fino a giungere al Pian de la Bala.
Questo percorso segue una vecchia mulattiera militare realizzata nel 1918 dall’esercito italiano per assicurare gli spostamenti delle truppe.
Dal Pian de la Bala si segue il segnavia n.151 coincidente con un’atra strada militare che porta a fondovalle a chiudere l’anello.
Appena prima del piazzale, sulla destra, c’è la deviazione per il sacello di San Liberale. Secondo la tradizione venne eretto nel luogo dove esisteva il piccolo complesso monastico di San Vitale, donato dal vescovo di Treviso Ulderico al convento dei Santi Quaranta. Viene chiamato Capitel Novo per distinguerlo dal Capitel Vecio, situato più a valle.

Curiosità:
Durante il conflitto mondiale era importante assicurare il rifornimento di materiali e viveri sul Monte Grappa. Per questo motivo venne edificata una rete di teleferiche che partivano da San Liberale e arrivavano alle Meatte e al Boccaor.
Era importante anche l’approvvigionamento dell’acqua, quindi, tramite lunghe condotte, gli impianti di pompaggio inviavano l’acqua in grandi serbatoi presenti a Cima Grappa e in cisterne minori a Cason di Meda e presso l’Archeson.

TROI PER ROBY – IL SENTIERO DELL’AMICIZIA

Alcuni ragazzi di Tovena, Frazione di Cison di Valmarino, hanno rimesso a posto un tracciato abbandonato sul versante occidentale del Passo San Boldo e l’hanno intitolato “Troi per Roby”, in onore di un loro amico scomparso tragicamente a causa di un incidente sulle strade di Follina.

Dati tecnici:
Lunghezza tragitto: 5 km e mezzo ca.
Dislivello: m 643
Tempo: 3 ore
Adatto per: ESCURSIONISTI

Punto di partenza:
La partenza del sentiero si trova lungo la strada del Passo San Boldo, a 1 km da centro di Tovena, avanti al capitello di Santa Ottilia.

Il Percorso:
Dal capitello di Santa Ottilia parte il sentiero Zanin n.1 031B che si introduce subito nel bosco per poi arrivare all’antica chiesa di San Vigilio, oggi ridotta a un rudere. Da qui si sale oltrepassando la Baita di James e all’altezza della sorgente si devia a destra, abbandonando il sentiero Zanin per imboccare il Troi per Roby.
Dopo l’intersezione con il sentierino che porta al Landro di San Vigilio, passando per il sottobosco, si esce all’aperto e si avrà una spettacolare visuale su Tovena e sulla pianura. Poco più in alto si incontra una scultura dell’artista Valentino Moro di Miane.
Poi si giunge in vetta a Cima Campo a quota m 950 e qui va segnalata una trincea risalente alla Grande Guerra.
Si comincia a scendere seguendo il sentiero Zanin e si arriva nuovamente al capitello di Santa Ottilia dove si conclude il percorso.

N.B. Per chi volesse evitare il passaggio per la Baita di James, esiste una variante che bypassa il sentiero principale poco prima di giungere alla chiesa di San Vigilio.

Curiosità:
Si narra che nel XIV secolo, dove oggi sorge il capitello di Santa Ottilia, un pellegrino si fosse fermato dopo un lungo viaggio e portava con se un fagotto con tasta della Santa, che avrebbe consegnato poi agli abitanti di Tovena.
Ancora oggi, in parrocchia, viene custodito proprio quello che pare essere il teschio della Santa patrona d’Alsazia, la badessa benedettina Odile, Odilia o Ottilia.

COMBAI: TRA CASTAGNI E VIGNETI

Combai si trova a nord-est di Treviso. Quando dall’Abazia di Follina, si percorre in auto la strada che porta a Miane, ad un certo punto ci si trova in mezzo ad un bosco di castagni. Simo a Combai, il paese dove si produce il Marrone. Ma anche il vino Verdiso, un antico vitigno che, miscelato con il Prosecco, ne ottimizza la produzione

Dati tecnici:
Lunghezza tragitto: 8 km
Altitudine punto di partenza: m 395
Tempo: 3 ore
Adatto per: ESCURSIONISTI


Punto di partenza:
Partendo dal borgo di Miane e procedendo lungo la provinciale n. 36, si incrocia inevitabilmente il centro di Combai.

Il percorso:
L’itinerario parte e si conclude a Combai: dalla piazza ci si dirige, in discesa, verso Miane prendendo via Vecchia per Miane orientandosi secondo il segnavia n. 1 025. Lo scenario è quello di un bosco di antichi castagni e il percorso attraversa Borgo Vergoman. Di qui si entra tra i vigneti e si prende via Calchera, che porta alla Fontana Pissot. Quindi si sale fino ad incontrare la località Val de Rossi che apre scenograficamente, verso la Vallata: bivio di Pian de Combai, Casera Gabrèl, via Cava, via Casale Vacca fino ad arrivare in località Pedéna. Lungo il percorso si incontrano le tipiche vecchie casere, i “cason”. Scendendo ancora, si imbocca il sentiero che conduce alla località Acque Salse fino ai vigneti delle Coste. Prendendo poi via Miramonti e via Capovilla, si ritorna al centro di Combai.

Curiosità:
Nel bosco di Combai è conservato, proprio nascosto tra i vigneti delle Serre, un antico eremo dedicato a San Michele Arcangelo, che i locali conoscono come “San Micél de le Serre”. Quando, nel 1 200 venne costruita poco lontano l’abbazia di Follina, fu realizzata anche questa chiesetta che, soprattutto tra la metà del 1 300 e il 1 600, conobbe un periodo di grande splendore in quanto i monaci che vi abitavano costituivano un punto di riferimento per l’economia della società locale: coltivavano la vite e si occupavano di erboristeria. All’interno conserva un bell’affresco raffigurante la Madonna col Bambino tra Sant’Antonio e San Michele che sconfigge il demonio.

I BORGHI DI SERRAVALLE

Serravalle si trova a nord-est di Treviso. Per chi visita Vittorio Veneto, che è costituita dai due centri di Serravalle e Ceneda, l’escursione più “gettonata” è senz’altro la salita di Santa Augusta. Il lato però che si affaccia verso la Val Lapisina è, oltre che molto interessante, anche ricco di storia soprattutto quella legata alle vicende della Seconda Guerra Mondiale quando, nel 1944, il battaglione tedesco Luftwaffen Sicherung Italien bruciò le case e requisì bestiame e i raccolti della terra.

Dati tecnici:
Lunghezza tragitto: 17 km e mezzo
Altitudine punto di partenza: m 138
Tempo: 6 ore
Adatto per: ESCURSIONISTI

Punto di partenza:
Partenza e conclusione dell’itinerario è la Chiesa di Santa Giustina. Quando si imbocca la Statale 51 Alemagna in direzione di Vittorio Veneto, si supera Ceneda e si raggiunge Serravalle. Da qui si prende via Antonio Cantore che porta alla chiesa sul cui vicino parcheggio si può lasciare l’auto.

Il percorso:
Partendo da Santa Giustina, si segue la strada per Maren fino al secondo tornante e, da qui, si prende il sentiero diretto al Santuario di Santa Augusta. Una volta al borghetto di Naronchie si gira verso borgo Pradal e si aggira una valle che porta a Maren, dove è conservata la bella chiesetta di Santa Elisabetta che faceva parte dell’omonimo convento che ora è diventato una residenza privata.
Dirigendosi a nord, si entra in un’ampia vallata con vista sul Col Visentin. Qui si prende direzione Valscura. Si prosegue sul sentiero che coincide con il percorso per il Monte Pizzoc. Qui ci dirigiamo verso le cave e proseguiamo per borgo Ciser. Qui si segue un breve tratto della strada per Piadera, poi si devia a sinistra e si percorre il sentiero diretto alla Costa di Fregona. All’altezza della Madonna della Salute si scende in direzione di borgo Rindola, dove si trova l’oratorio della Madonna della Tosse che merita una visita. Si percorrono via Rindola Bassa, via Callalta, via Vinera e un breve tratto di via Sassi per poi scendere il sentiero e la lunga scalinata per Santa Augusta. Infine si scende in direzione nord verso Santa Giustina dove si conclude il percorso.

Curiosità:
Tra i prati di Rindola e Sant’Andrea, vi è la chiesetta della Madonna della Neve che, nel luogo, è conosciuta come la Madonna della Tosse per la devozione da parte delle mamme quando i bambini avevano la pertosse che, in dialetto, è chiamata la “tòs pagana”.
La presenza dell’oratorio è citata fin dai documenti del 1600 m, purtroppo, l’edificio fu rifatto nel 1924. Vi è comunque all’interno conservato un prezioso affresco di Luigi Cima da Mel, uno dei più rappresentativi artisti del realismo italiano.

REVINE: LAGHI E PALAFITTE

Revine si trova a nord-est di Treviso. Revine Lago è caratterizzata, come si intuisce dal nome, dalla presenza di un lago anzi, per la precisione, sono due: quello di San Giorgio e quello di Santa Maria chiamati, più comunemente, Laghi di Revine.

Dati tecnici:
Lunghezza tragitto: 10 km e mezzo ca.
Altitudine punto di partenza: m 225
Tempo: 3 ore
Adatto per: TURISTI




Punto di partenza:
Da Cison di Valmarino, si imbocca la strada provinciale n.635 che conduce direttamente a Revine. La prima frazione che si incontra è Lago, qui si prende via Carpenè che porta al Parco Archeologico Didattico del Livelet, un’area di palafitte che risale tra i 6.000 e i 3.500 anni fa.

Il percorso:
Dal parcheggio del Parco Archeologico del Livelet, si imbocca il sentiero naturalistico che conduce al Lido di Lago dove si trova una bella spiaggetta, utile per un momento di ristoro. Entrando in centro a Lago, si prosegue su via San Giorgio e poi sull’Antica Via Maestra, conosciuta dai locali come “Strada Vecia”, cioè “Strada Vecchia”. Prendendo via Cal delle Viole si arriva al sito archeologico di San Martino, dove si trovava una delle chiese più antiche di tutta la pedemontana. Proseguendo si arriva al borghetto di Santa Maria che conserva una bella chiesetta risalente al 1170. Prendendo Via Maestra che si trasforma in un semplice sentiero, vi è una bella panoramica sui laghi e si possono ammirare le costruzioni con i caratteristici muri a secco.
Usciti dal bosco, si entra a Revine, che si raggruppa intorno alla chiesa arcipretale di San Matteo Apostolo di impianto trecentesco da cui, dirigendosi verso est attraverso il ponte sul torrente Pavei, si prende Vicolo dei Portici per arrivare ad uno dei siti rurali più caratteristici di Revine da cui si scende al Pian del Pos e, dopo aver attraversato la provinciale, giungere fino al caratteristico Lavatoio di Lame.
Ritornando a Revine, ci si dirige alle antiche fornaci Tomasi, di qui si prende il sentiero naturalistico che conduce in riva al Lago di Santa Maria. Lungo la riva (via 1052B) si possono ammirare suggestivi scorci, incantevoli paesaggi e luoghi di interesse come il Va de le Femene, anche questo storico punto di incontro per le lavandaie. Proseguendo, si raggiunge Colmaggiore, sulla caratteristica Via dei Murales fino alla frazione di Fratta per poi ritornare al Parco del Livelet e concludere il giro.
Dalla piazza principale di Revine si può comunque effettuare un’ulteriore passeggiata: quella della Via Crucis, un suggestivo percorso fiancheggiato da capitelli votivi che porta fin su ad una chiesetta sul cui sagrato, durante la settimana Santa si celebra il rito della processione e la Crocifissione.

Curiosità:
Circa 15 mila anni fa, il ritiro di un ghiacciaio presente nella zona ha dato origine ad un bacino naturale divenuto un lago: il Lago Lapisino.
Questo, nel corso dei secoli, si è ritirato lasciando spazio a zone semi-paludose. Nel 1400 queste zone furono bonificate tramite la realizzazione di un canale denominato “tajada”; così, da un unico bacino lacustre, originarono due laghi: il Lago di Santa Maria alimentato da sorgenti sotterranee e da piccoli corsi d’acqua e quello di San Giorgio che invece riceve le acque dal torrente Piaveson.

TRA LA NATURA DI MONTANER

Montaner è un borgo che sorge in posizione panoramica ai piedi del Cansiglio. Questo borgo, in epoca medievale, diede i natali ad una delle famiglie nobili più importanti: i Da Camino.
Inoltre Montaner ebbe un ruolo decisivo nella Resistenza.

Dati tecnici:
Lunghezza tragitto: 7 km e mezzo ca.
Dislivello: m 563
Tempo: 3 ore e mezza
Adatto per: ESCURSIONISTI

Punto di partenza:
Montaner si raggiunge da Osigo o da Sarmede lungo la strada provinciale n.151. Si parte dalla parrocchiale di San Pancrazio.

Il percorso:
Dalla chiesa di San Pancrazio ci si immette su una strada in salita che coincide con il sentiero Pagnoca n.1061 e si segue il tratto delimitato da muri a secco. Si giunge alla Chiesetta del Santo e poi si devia a sinistra seguendo il segnavia n.1039. Si prosegue tra casere e prati panoramici passando tra il Col de Tenda e i Pianai, poi, oltrepassata la località La Spòna, si comincia il tratto più impegnativo del percorso che conduce verso via Val Salega attraverso il sentiero delle Scaffe.
Superato questo canyon si prosegue dalla parte opposta della valle in direzione delle Scalette passando di fronte al capitello di Sant’Anna. Poi si segue un sentiero per Osigo fino a arrivare a casera Cosolìt. Da qui si torna di nuovo in centro a Montaner passando per i prati dei Pians.

Curiosità:
Negli anni Sessanta, con la morte del parroco Don Giuseppe Faè, la popolazione insorse in seguito alla decisione del vescovo Luciani di designare un successore diverso da quello voluto dai parrocchiani. Il giorno dell’insediamento il nuovo sacerdote trovò la porta murata. Luciani ordinò l’interdizione della parrocchia prelevando il Santissimo dalla chiesa. Il popolo promosse un piccolo scisma creando una comunità e una chiesa ortodossa tutt’ora attiva.
Dal punto di vista geologico, le formazioni rocciose visibili nel passaggio attraverso la Val Salega sono costituite da calcari del Giurassico.

DAL PIAN DELLE FEMENE AL COL VISENTIN

Lungo la dorsale delle Prealpi si collocano diversi sentieri e il più noto è quello che collega il piccolo valico Pian delle Femene con il Col Visentin che, con 1 763 m di quota, è la vetta maggiore delle Prealpi Trevigiane.

Dati tecnici:
Lunghezza tragitto: 15 km e mezzo ca.
Dislivello: m 949
Tempo: 5 ore
Adatto per: ESCURSIONISTI




Punto di partenza:
Da Revine si segue la strada provinciale n.159 che conduce al santuario di San Francesco da Paola e giunge al valico di Pian delle Femene, punto di partenza del percorso.

Il percorso:
Da Pian delle Femene si sale sul colle retrostante il Museo della Resistenza Agostino Piol e poi si scende verso Casere Frescon. Poco dopo si incontra un “caserin” in pietra e si risale il pendio del Monte Cor (m 1 322) per poi arrivare al Col de le Poiatte (m 1 344) nei pressi del quale si trova la casera Della Giustina Bridot.
Dopo Malga Cor e casera Sonego si risale il Monte Pezza (m 1 436) dove sorgono i ruderi delle storiche casere Pezzetta.
Poi si arriva al Monte Agnellezze (m 1 502) dove svetta un cumulo di spietramento alto quattro metri, e si giunge a Forcella Zoppei. Da qui si segue per un tratto la strada Longhere – Col Visentin per poi concludere il percorso sulla vetta del Col Visentin dove sorge il Rifugio 5° Artiglieria Alpina.

Curiosità:
Il CAI di Belluno volle edificare nel 1900 un primo bivacco in cima al Col Visentin, intitolandolo all’alpinista inglese Richard Henry Budden. Durante la Grande Guerra fu raso al suolo e nel 1946 venne riaperto con spazi più ampi grazie alla volontà del colonnello bellunese Antonio Norcen comandante del 5° Reggimento Artiglieria Alpina.
Nel 1964 venne distrutto da un incendio ma l’esercito e i volontari non si diedero per vinti e, nel 1968, si svolse l’inaugurazione del rifugio 5° Artiglieria Alpina così come lo vediamo oggi.

LA “DIRETTISSIMA” SUL MONTE GRAPPA

La natura sul Monte Grappa è incontaminata, infatti dal 2021 il monte è entrato a far parte dell’Unesco con la qualifica di Riserva della Biosfera.
La sua bellezza è fatta di boschi, pendii, dolci colline ma anche di ripidi pendii rocciosi dove si trovano storiche mulattiere e vie ferrate.

Dati tecnici:
Lunghezza tragitto: 11 km ca.
Dislivello: m 1 201
Tempo: 5 ore e mezza
Adatto per: ESCURSIONISTI


Punto di partenza:
Da Crespano del Grappa si prosegue verso nord su via Madonna del Covolo. Dopo 2 km e mezzo si incontra il Santuario, punto di partenza del percorso.

Il percorso:
Dal piazzale del Santuario della Madonna del Covolo si segue a destra la strada che conduce all’agriturismo Al Covolo e poco dopo si devia a sinistra sul sentiero “Direttissima” n.106 per Rifugio Ardosetta. Il percorso si snoda nel sottobosco scavalcando in diversi punti la storica mulattiera di Cima Grappa, poi si risale il pendio sudoccidentale di Punta Frontale incontrand il bivio con il sentiero n.102. In seguito si continua alla base del Monte Scalare, si raggiunge un tornante della mulattiera dove è presente una lapide. Si esce dal bosco e si entra nelle praterie dove sorge il Rifugio Ardosetta e, seguendo il segnavia n.109, si sale al Rifugio Bassano vicino a Cima Grappa (m 1 775).
Si giunge poi alla scalinata che porta all’Ossario Austro-Ungarico per poi scendere a quello italiano tramite la Via Eroica.
Poi si va in direzione sud lungo il sentiero n.100 per il Monte Colombera, dove si avrà una visuale della croce di vetta (m 1 449).
Infine il segnavia n.104 porta a fondovalle ritrovando il Santuario della Madonna del Covolo dove termina il percorso.

Curiosità:
Il Santuario della Madonna del Covolo ha origini molto antiche. Secondo la tradizione nel XXII secolo una pastorella sordomuta venne miracolosamente guarita dalla Madonna in una grotta vicina, il “covolo”. Il santuario venne realizzato agni inizi dell’Ottocento su disegno di Antonio Canova, il quale si ispirò al Pantheon nelle forme architettoniche. Rappresenta una prova generale per una delle sue opere più famose: il Tempio di Possagno.
Il Sacrario di Cima Grappa fu costruito nel 1935 e custodisce i resti dei soldati della Grande Guerra. Da visitare è il sacello della Madonnina del Grappa posta in cima all’Ossario e la Galleria Vittorio Emanuele III scavata sottoterra come sistema strategico-difensivo.

I CASTELLI DI SUSEGANA

Susegana si estende sui colli dichiarati Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco. È conosciuta come la città dei due castelli, ovvero il Castello di San Salvatore e il Castello di Collalto.

Dati tecnici:
Lunghezza tragitto: 13 km
Dislivello: m 300
Tempo: 3 ore
Adatto per: TURISTI


Punto di partenza:
Dopo essere arrivati in centro a Susegana ci si dirige verso la chiesa dell’Annunziata e da qui parte il percorso.

Il percorso:
Dalla chiesa dell’Annunziata si percorre via Sottocroda verso il campo sportivo.
Si attraversa un piccolo ponte sul torrente Rujo dal quale si possono ammirare i pendii dove sono presenti le caratteristiche case Collaltine: Casa Loghét, Casa Lentinèr, Casa Sfondo e, più in alto, le Torreselle. Dopo una salita si arriva a Casa Schiavon e si continua fino all’incrocio con via Tourniché che porta alla frazione di Collalto. Si continua, poi, su via Zaccaron, via Morgante Seconda, Strada di Collalto e via Collalto, dalla quale si può entrare nel Castello attraverso due porte antiche. Una volta all’interno del borghetto medievale si passa di fronte alla chiesa di San Giorgio e, passando attraverso un varco tra le mura, si esce dal castello e si segue un sentiero che si unisce a via Canova. In seguito si procede su via Collalto centro che porta di nuovo alla base della torre e ci si ritrova sulla Strada di Collalto che si estende tra boschi e pascoli. Giunti all’incrocio con via San Daniele e via Tombola si continua mantenendo la sinistra in direzione del Castello di San Salvatore a Susegana. La strada che si percorre è affiancata da mura e si può osservare il panorama che affaccia sulla pianura trevigiana. Si scende arrivando sulla via di accesso orientale, dove è presente la chiesa della Madonna del Carmine, e si conclude il percorso ritornando alla chiesa dell’Annunziata.

Curiosità:
I conti di Treviso, nel 1110, fecero costruire il loro castello fuori dalla città, ovvero a Collalto. Questo castello, insieme al castello di San Salvatore a Susegana, costituiva un grande complesso difensivo formato da due contee.
La Grande Guerra provocò la distruzione di molti elementi del castello di Collalto, dei quali restano intatti solo la torre e alcune parti delle mura.
Il Castello di San Salvatore, invece, fu costruito nel 1323 e molte parti vennero distrutte con la rotta di Caporetto. Questa fortezza è dimora della famiglia Collalto, di origini longobarde.